Francesco avrebbe dovuto essere in palestra, lunedì mattina, seduto per terra insieme ai suoi compagni. Avrebbe dovuto essere in classe, con il suo banco occupato e il suo sorriso pronto ad accendere la giornata.
E invece, quel banco resterà vuoto. Un dolore forte ci schiaccia il cuore e lascia in tutti noi un vuoto che nessuna parola può colmare.

Ricordare Francesco, però, è facile. Era un ragazzo con cui si stava bene insieme, uno “di compagnia”, una presenza che portava istintivamente allegria. In queste ore, i ricordi dei momenti sereni e divertenti passati con lui si affollano nella mente di tutti.
A uno sguardo distratto, forse, poteva apparire come un ragazzo che prendeva le cose con leggerezza. Ma la sua non era superficialità. La sua era quella dote rara che Italo Calvino descriveva così: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Se c’è una lezione che Francesco ci ha lasciato, ripensando a quegli scampoli di tempo passati insieme, forse è proprio questa: imparare a planare dall’alto sulle difficoltà, senza che il peso della vita ci schiacci, senza macigni sul cuore.

Era gentile, educato, sempre pronto a dare una mano senza chiedere nulla in cambio.
“Ho un ricordo personale che, per me, lo descrive perfettamente. L’anno scorso, ogni venerdì, al termine dell’ultima ora che passavo con la sua classe, non aveva mai fretta di scappare via. Mentre i suoi compagni uscivano, si fermava spesso qualche minuto per aiutarmi a riordinare. Lo faceva con naturalezza, senza che nessuno lo vedesse e senza chiedere nulla in cambio. Anzi, era l’occasione per scambiare due parole serene, in tranquillità, lontano dalla confusione. E poi lo vedevo andare via, con quella sua inconfondibile camminata…”
La sua improvvisa e ingiusta scomparsa ci interroga profondamente. Proprio in questi giorni, in classe, si rifletteva sulle grandi domande dell’esistenza — chi siamo, dove andiamo, cosa c’è dopo la morte — che ora ci toccano con tutta la loro forza.
La perdita di un ragazzo di diciassette anni ci ricorda che la vita non va sprecata, ma vissuta pienamente e donata. Ci spinge a pensare alle occasioni di amore non espresse, ai gesti semplici che potevamo fare, alle parole non dette. E ci fa riflettere su tutto l’amore che Francesco, con il suo modo autentico e generoso di essere, avrebbe ancora potuto donare a questo mondo.
Anche i suoi compagni lo ricordano così, con parole piene di affetto e gratitudine:
“Ciao Francesco, o Checco come ti chiamavamo a volte, sei arrivato in classe in seconda ma da subito sei diventato parte del gruppo. Grazie al tuo sorriso e alla tua bontà in ogni cosa che facevi, anche quelle che non ti piacevano. Ti ricorderò per sempre per la tua infinita generosità, come quando all’intervallo condividevi tutto, anche a costo di rimanere senza. Il tuo corpo non è più qui, ma tu ci sarai sempre. Fai buon viaggio, Bakamina.”
“Non dimenticheremo mai il tuo modo di fare: tranquillo, sbarazzino, divertente e autentico. Dicevi spesso: ‘Anche i migliori sbagliano, e io sono il peggiore’, e con quella tua ironia riuscivi sempre a strappare un sorriso. Ricordo l’importanza che davi alle persone a cui volevi bene, la profondità di certi tuoi sguardi. Anche se non ti vediamo più, resterai nel nostro cuore, la nostra spalla sinistra. Fai buon viaggio, leone!”
Ciao Francesco, ti abbiamo visto entrare in punta di piedi in una nuova classe, senza fare rumore, ma conquistando tutti con la tua gentilezza.
Eri speciale: per la tua ironia, per la tua forza d’animo, per la tua bontà che rendeva impossibile non volerti bene.
Grazie per quello che ci hai donato.
Nel nostro cuore resterà sempre la tua luce, lieve e profonda, capace di farci “planare sulle cose dall’alto, senza macigni sul cuore”.