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Dachau e Automechanika Frankfurt …noi c’eravamo!

Martedì 13 settembre, ore 20.30, cortile dei Salesiani di Fossano. Bagagli? Stivati. Zainetto, playlist musicale e cuffiette? Preparati. Appello? Tutti presenti! Poi le raccomandazioni dei formatori, gli occhi un po’ lucidi dei genitori e soprattutto gli sguardi trasognati dei ragazzi. Attraverso i finestrini si vedono le mani aperte e le labbra sorridenti di quaranta alunni dei settori carrozzeria e meccanica d’auto che salutano i Don, che a loro volta contraccambiano dal centro del cortile. Un eterno déjà-vu, il grande classico della partenza per la gita. Il pullman si mette in moto. Direzione Germania, ciao Fossano! Ci vediamo tra quattro giorni.

Alla prima rotonda qualcuno dai sedili di dietro “spara” ad alta voce la prima goliardata: “Oh raga! È dalla quinta elementare che non faccio una gita!”. Una sciocchezza, una frase per rompere il ghiaccio, ma, ahinoi, amara verità, perché, ridi e scherza, la pandemia a questi ragazzi classe ‘06 e ‘07 ha rubato un bel po’ di gioie. Motivo in più per godersela al massimo dunque.

Mercoledì 14 settembre, ore 08.00, piazzale del “Memoriale di Dachau”, cittadina a pochi chilometri da Monaco di Baviera, tristemente famosa per il lager nazista a cui ha dato il nome.  Il perimetro dell’ex campo di concentramento è esteso, composto da larghi piazzali, lugubri e bassi edifici di cemento e baracche in legno. Il luogo conserva la medesima freddezza di quello che fu in origine, prima ancora della barbarie nazional-socialista, ovvero una vecchia e dismessa fabbrica di munizioni e di polvere da sparo. La guida che ci accompagna in questo truce, eppur suggestivo, tour nella “macelleria umana” del ‘900 è una signora gentile e appassionata, il cui accento non lascia intendere se sia un’italiana trapiantata in Germania o, al contrario, una tedesca che ha vissuto a lungo nel nostro paese. In realtà è una professoressa di storia di Torino che da ventidue anni risiede in quel di Monaco. La prima cosa in assoluto che lascia di stucco i nostri ragazzi è il famigerato cancello in ferro battuto che in quel tempo apriva ai prigionieri la strada verso l’inferno, su cui campeggia la famosa frase: “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi).  Black humor d’altri tempi.

“Diecimila passi prof! Abbiamo camminato otto chilometri giusti!”, ci informerà un meticoloso alunno, decisamente sul pezzo grazie alla sua applicazione “android contapassi”. Diecimila passi nell’orrore insomma, tra celle punitive, gogne, stanze delle torture, camere a gas e oggetti semplici, ma al tempo stesso avvolti da un alone diabolico e capaci di turbare le nostre coscienze. Come ad esempio una banalissima carriola in legno che veniva usata al crepuscolo dai prigionieri per portare via dai campi di lavoro, a decine, i loro compagni morti. A quel punto anche chi tra noi, nonostante tutto, non aveva ancora perso il buonumore, si è ammutolito all’istante.

Dopo tre ore siamo nuovamente sul pullman, diretti verso il Centro Salesiano di Monaco. Giochiamo in casa.  I centri di Don Bosco sparsi per il mondo si assomigliano principalmente in due aspetti: nel cortile spazioso dedicato ai giovani e nello spirito di aggregazione, che unisce all’istante tutti quelli che entrano, in un autentico clima familiare. Neanche il tempo di posare sacche e bagagli che siamo già per le vie di München, in (quasi) perfetta fila indiana e con il ritrovato argento vivo addosso. Tutto è nuovo e tutto ci stupisce: l’architettura delle case (che ai  ragazzi ha subito ricordato le rappresentazioni grafiche delle fiabe dei fratelli Grimm, gli autori di Hansel e Gretel), la pista ciclabile dove le bici hanno lo stesso physique du rôle delle vetture, l’odore di spezie proveniente dai ristoranti asiatici che pervade le strade, la proverbiale compostezza dei tedeschi (ma anche molta povertà ed emarginazione) e i bizzarri distributori automatici di giornali simili a  piccoli flipper, mai visti in Italia. “Oh raga! Ma che lingua parlano qua? As capiss gnante” commentano con un’altra inconfutabile perla di saggezza gli alunni mentre escono dai bazar di souvenir.

Giovedì 15 settembre, ore 17.00, Francoforte sul Meno. Siamo alla vigilia del clou della nostra gita e iniziamo a prepararci psicologicamente alla grande fiera automobilistica che ci attende l’indomani. Nuovo ostello, nuovi compagni di stanza, stessa voglia di stare insieme. Camminare con i ragazzi per le vie della città è un’esperienza leggera e meravigliosa. La loro “saggia inconsapevolezza” e quel bislacco superpotere che li rende in grado di sdrammatizzare ogni cosa e di farsi beffe di tutto, aiutano a scrollarti di dosso quell’ insicurezza e quell’aria “un po’ così” tipiche del turista.  Dopo una lunga passeggiata attraverso il centro storico di Francoforte arriviamo al famoso “Eiserner Steg”, meglio conosciuto come “il ponte dei lucchetti”, dove centinaia di innamorati sigillano simbolicamente il loro amore di fronte ad uno skyline decisamente romantico, con gli eleganti grattacieli e le squadre di canottaggio che accarezzano con i loro remi le acque del fiume Meno. Infine, concludiamo la penultima giornata di gita assaporando la “tipicissima” cucina del McDonalds. Poi tutti a nanna che domani la sveglia è alle sei e mezza.

Venerdì 16 settembre, ore 08.45, “D-Day”. Siamo pronti, eccitati e in fibrillazione davanti all’entrata dell’“Automechanika Frankfurt”, ovvero la più grande fiera internazionale per allestimenti, ricambi, accessori, management & servizi dell’industria automotive.  Non è possibile, però, iniziare a parlare di questa quest’esperienza senza prima citare i nomi delle aziende dei settori carrozzeria e autoveicoli incontrate all’evento. Aziende che da molti anni, in maniera seria e costante, credono fermamente nella missione di Don Bosco, nella crescita professionale e umana dei nostri ragazzi e che ci aiutano durante tutto l’anno attraverso la formazione, l’assistenza e la guida all’innovazione. Finixa, Gelson-Kovax, Mirka, Axalta (Standox), Anest-Iwata, Walcom, Car Repair System, Sata, Mafra, Fasep, Corghi, Wurth, Mondolfo Ferro-Neixon. A loro va il nostro sincero “grazie!”

Lo spazio dove ha luogo l’Automechanika Frankfurt è galattico, immenso, una vera e propria città nella città. Appena entrati ci rendiamo immediatamente conto del privilegio che abbiamo ad essere lì, in quel preciso momento, dove migliaia di persone, fra fornitori, clienti ed appassionati, negoziano, contrattano ed espongono, in un virtuoso scambio di informazioni e idee. Noi, grazie al Cnosfap e ai Salesiani, abbiamo l’onore di fare parte di questo mondo. I padiglioni sono suddivisi per tipologia di esposizione: parti e componenti dell’auto, connettività ed elettronica, accessori e personalizzazione, diagnosi e riparazione, cura e lavaggio, carrozzeria e vernice e altri ancora. Gli alunni corrono come saette da uno stand all’altro, attratti dai colori sgargianti dei gazebi e dai futuristici prototipi d’automobile esposti a bizzeffe. Obiettivo principale: portare a casa tutto il possibile da questa esperienza in termini di conoscenza, competenza e crescita professionale. Inoltre, ci è gentilmente concesso di fare incetta dei bellissimi gadget messi a disposizione dalle aziende, unendo così l’utile al dilettevole. La cosa veramente gratificante è vedere gli addetti ai lavori osservarci divertiti e compiacenti, dimostrando una disponibilità ed un’attenzione uniche. In cambio noi cerchiamo di trasmettere tutto l’entusiasmo e la gioia possibili, perché la verità è che i ragazzi possono permettersi il lusso di partecipare in maniera costruttiva ad un simile evento internazionale senza rinunciare a divertirsi come matti.

Sabato 17 settembre, ore 06.00, cortile dei Salesiani di Fossano. Eccoci di ritorno. Quando il pullman supera il cancello di via San Francesco, i Don sono al centro del cortile, così come quando siamo partiti, e sembra quasi che non si siano mai mossi di lì in attesa del nostro ritorno. Quattro giorni che son sembrati quaranta per intensità, emozioni, cose viste e vissute. Anche questa è fatta. Baci e abbracci, ci rivediamo lunedì a scuola. Miglior modo di iniziare l’anno scolastico, sinceramente, non riusciamo ad immaginarlo.